Alicudi

...suli, mari e ventu

Alicudi

Le piccole case color pastello sparse come dipinti in una galleria lungo un ripido pendio che collega al porto tramite una ripida scalinata in pietra lavica, qui non esistono auto o motorini ma solo la forza e la volontà di un popolo che da secoli la percorrono aiutati da simpatici asinelli. 
Solitaria, inospitale, difficile, Alicudi è la più selvaggia tra le Isole Eolie; un paradiso che induce all’evasione, perfetta per tutti coloro che amano stare a pieno contatto con la natura e vogliono staccare dalla morbosa dipendenza della tecnologia; al di fuori dai circuiti turistici tradizionali, dove l’ambiente totalmente incontaminato rende questo luogo l’angolo più selvaggio e naturale dell’intero arcipelago, in cui non esistono locali, pub, discoteche e birrerie ma solo l’ingegno degli abitanti che non perdono occasione di riunirsi e godere del piacere di stare insieme. Vi troverete immersi in un atmosfera dal sapore antico, avvolti da una selvaggia ma allo stesso tempo dolce natura con le sue tortuose e anguste valli e un mare di incredibile bellezza che fa di quest’isola uno degli scorci più suggestivi e più silenziosi delleEolie, dove il visitatore si immerge in una dimensione di vita ormai remota.
Chi arriva ad Alicudi s’immerge in una dimensione di vita ormai altrove perduta. La risacca del mare e lo stormire del vento sulla vegetazione sono gli unici suoni. Data la particolare conformazione del terreno, mancano del tutto strade o viottoli carrozzabili e, pertanto, anche le auto, i motorini e le biciclette. Per affrontare le scalinate di pietra lavica, che s’inerpicano dappertutto, ci si affida ai propri piedi ed ai simpatici asinelli che sono allevati sull’isola e sopportano il peso di merci e bagagli dal porto alle case sparse sul pendio. 
L’antico nome di Alicudi è Ericusa, dalla presenza sull’isola dell’erica, pianta che abbonda ancora sulle pendici e nelle valli inaccessibili del cono vulcanico oggi spento. La base del vulcano si sviluppa a partire da 1500 m. sotto il livello del mare per raggiungere i 675 m. del Monte Filo dell’Arpa. 
L’isola è la più occidentale delle Eolie, la prima che le imbarcazioni provenienti da Palermo o da Ustica incontrano. Per questo, anche se aspra e isolata e nonostante la totale mancanza di insenature e ripari per ormeggiare, è stata un punto di riferimento per i navigatori dell’antichità. Abitata sin dalla preistoria ed in età ellenistica, conserva qualche memoria del passato nei resti di un insediamento della prima età del bronzo, XVI e XVII a.C., che si estendeva vicino allo scoglio di Palumba. Sulla costa orientale dell’isola si trovano sparsi frammenti ceramici di età romana, forse resti di qualche naufragio. 
Alicudi, come le altre isole, ha subito secoli d’incursioni piratesche con razzie sia di quel poco che i poveri abitanti ave-vano sia delle stesse persone vendute come schiavi. Il terrore di queste “visite” portò gli abitanti alla fuga e rese Alicudi quasi disabitata per tutto il medioevo, sino al 1600. Il ripopolamento, posteriore al 1600, ha portato nell’isola un numero molto esiguo di patronimici cosicché, a causa di ma-trimoni tra parenti, è diventato molto difficile distinguere l’appartenenza di ciascuno al proprio gruppo originario. 
Da ciò il ricorso alle così dette ingiurìe, soprannomi che permettono l’identificazione delle singole famiglie nella moltitudine di “Taranto”, “Russo” e pochi altri: cognomi della famiglia dei “cavaddi” (cavalli, per l’altezza di uno degli antenati), dei “mustazzoni” (dai baffi di un bisnonno), dei “iatti” (i gatti), dei “friscaleddu” (il fischiatore) sono alcuni dei nomignoli che mettono una nota colorata e allegra nel parlare locale. La popolazione, che attualmente non raggiunge le 150 anime, superava i 1200 abitanti all’inizio del secolo, prima delle grandi emigrazioni verso l’America e l’Australia. 
Sfruttava intensamente il suolo, riuscendo addirittura ad esportare parte della produzione di olio e di capperi….
Questa è Filicudi.

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